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Cannabis: il CBD non è stupefacente secondo la Corte di giustizia dell'UE



Il cannabidiolo (Cbd) – metabolita della Cannabis con effetti rilassanti – non è un farmaco narcotico e uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi.



Queste le conclusioni di una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’UE (1) in relazione ad un caso di commercializzazione di una sigaretta elettronica all’olio di cannabidiolo nel territorio francese.


Nella propria sentenza, la Corte ha specificato come:


  • il CBD, estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza, non può essere considerato come un prodotto agricolo, a differenza, per esempio, della canapa greggia. Esso non rientra, dunque, nell’ambito di applicazione dei regolamenti sulla Politica Agricola Comune (PAC);


  • per definire le nozioni di «droga» o di «stupefacente», il diritto dell’Unione Europea (2) fa riferimento, in particolare, a due convenzioni delle Nazioni Unite: la convenzione sulle sostanze psicotrope (3) e la convenzione unica sugli stupefacenti (4). Orbene, il CBD non è menzionato nella prima e, sebbene un’interpretazione letterale della seconda potrebbe indurre a classificarlo come stupefacente, in quanto estratto della cannabis, tale interpretazione sarebbe contraria allo spirito generale di tale convenzione e al suo obiettivo di tutelare «la salute fisica e psichica dell'umanità». La Corte sottolinea che, in base allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, di cui è necessario tener conto, a differenza del tetraidrocannabinolo (comunemente noto come THC), anch’esso un cannabinoide ottenuto dalla canapa, il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana;


  • il divieto di commercializzazione del CBD costituisce una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative delle importazioni, vietata dall’articolo 34 del Trattato di Funzionamento dell’UE.




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