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Immagine del redattoreAlliance Food Consultants

Francia. Origine in etichetta. La Corte di Giustizia si pronuncia sul decreto francese




Nella giornata di oggi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha pubblicato sul proprio sito internet la propria pronuncia (1) in ordine ai quesiti che il Consiglio di Stato aveva avanzato alla Corte stessa al fine di assumere una decisione nella causa (avanzata dal Gruppo Lactalis contro il Ministero dell’Agricoltura francese) relativa al decreto sull’origine del latte e della carne (adottato dal Governo francese nel 2016, previa autorizzazione da parte della Commissione europea).


Già nel mese di luglio l’Avvocato Generale si era pronunciato sul caso, fornendo alla Corte gli elementi per poter emettere la propria decisione (2).


Nella decisione odierna la Corte, pur mantenendo un approccio prudente, ha specificato come un nesso comprovato tra talune qualità del prodotto alimentare e la sua origine o provenienza devono essere valutate in maniera oggettiva e non sulla base di elementi soggettivi.


Contesto

Nel 2016 il Governo francese, con la benedizione dell’allora Commissione Juncker, adotto’ il Decreto n° 2016-1137, imponendo alle imprese francesi l’obbligo di indicare l’origine del latte e della carne usata come ingrediente negli alimenti confezionati.


All’ “esperimento” francese fecero seguito altre iniziative nazionali, tra cui il decreto italiano sull’origine del latte.

La proliferazione dei decreti nazionali, negli anni scorsi, ha duramente provato il Mercato Unico, fomentando logiche di gastronazionalismo.


Non solo questo. I decreti, infatti, vennero notificati (3) quali sperimentazioni e avrebbero dovuto cessare la loro efficacia con l’entrata in applicazione del Regolamento UE 775/2018 nel mese di aprile 2020. La vicenda, purtroppo, ha avuto un esito differente e, allo spirare del termine di sperimentazione, i Governi hanno chiesto ed ottenuto da Bruxelles la proroga dell’efficacia dei decreti nazionali.


La causa

Nel 2016 la società francese Lactalis presentava ricorso, chiedendo al Conseil d’État (Consiglio di Stato francese) l’annullamento del decreto controverso. A sostegno di tale ricorso, Lactalis deduceva, in particolare, due motivi relativi alla violazione, da parte del decreto, degli articoli 26, 38 e 39 del regolamento n. 1169/2011. Il giudice del rinvio, ritenendo necessario chiarire l’interpretazione degli articoli richiamati dalla ricorrente sospendeva la causa e presentava rinvio pregiudiziale chiedendo una pronuncia della Corte di Giustizia, che è l’organo deputato alla corretta interpretazione del diritto dell’UE.


Le domande del Conseil d’Etat


Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) sottoponeva alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:


1) Se l’articolo 26 del Regolamento UE 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, che stabilisce, in particolare, che la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza per il latte e per il latte usato come ingrediente, debba essere inteso nel senso che esso ha espressamente armonizzato detta materia ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, del medesimo regolamento e osti al riconoscimento agli Stati membri della facoltà di adottare disposizioni che richiedano ulteriori indicazioni obbligatorie sulla base dell’articolo 39 di detto regolamento.


2) Ove le disposizioni nazionali siano giustificate dalla protezione dei consumatori ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 1, se i due criteri di cui al paragrafo 2 di detto articolo per quanto riguarda, da una parte, il nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza e, dall’altra, la prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni, debbano essere letti congiuntamente e, in particolare, se il giudizio sul nesso comprovato possa essere fondato su elementi soltanto soggettivi concernenti l’importanza dell’associazione che la maggior parte dei consumatori può compiere tra le qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza


3) Se, nella misura in cui sembri che le qualità dell’alimento possano essere intese come riferite a tutti gli elementi che contribuiscono alla qualità dell’alimento, le considerazioni collegate alla capacità dell’alimento di resistere al trasporto e ai rischi di una sua alterazione nel corso del tragitto possano rilevare nel quadro della valutazione dell’esistenza di un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2.


4) Se la vautazione delle condizioni fissate nell’articolo 39 presuppone di considerare le qualità di un alimento come uniche a causa della sua origine o della sua provenienza o come garantite da detta origine o provenienza e, in quest’ultimo caso, se, malgrado l’armonizzazione delle norme sanitarie e ambientali applicabili in seno all’Unione europea, la menzione dell’origine o della provenienza possa essere più precisa di una menzione sotto forma di “UE” o “extra UE”.


La decisione della Corte di Giustizia


La Corte, nella decisione odierna, ha osservato come:

  • In relazione al primo quesito, sebbene il Regolamento UE 1169/2011 preveda, in maniera armonizzata, l’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti diversi da talune categorie di carni, e quindi segnatamente del latte e del latte usato quale ingrediente, nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore i consumatori, tale armonizzazione non osta a che gli Stati membri adottino disposizioni che prevedono ulteriori indicazioni obbligatorie d’origine o di provenienza, se queste ultime rispettano le condizioni elencate nell’art. 39 del Regolamento UE 1169/2011;


  • In riferimento a tali requisiti, oggetto del secondo quesito, essi devono essere esaminati in successione. Occorre quindi, in un primo tempo, verificare l’esistenza di un nesso comprovato tra talune qualità del prodotto alimentare di cui trattasi e la sua origine o provenienza. Se l’esistenza di un tale nesso è dimostrata, è inoltre necessario, e solo in un secondo tempo, stabilire se la maggior parte dei consumatori attribuisca un valore significativo alla fornitura di tali informazioni. Di conseguenza, la valutazione dell’esistenza di un nesso comprovato non può basarsi su elementi soggettivi, attinenti al valore dell’associazione che la maggior parte dei consumatori può stabilire tra talune qualità dell’alimento di cui trattasi e la sua origine o provenienza.


  • Circa il terzo ed il quarto quesito, la nozione di «qualità» degli alimenti rinvia esclusivamente alle qualità che sono legate all’origine o alla provenienza di un dato alimento e che distinguono, di conseguenza, quest’ultimo dagli alimenti che hanno un’altra origine o un’altra provenienza. Pertanto, ciò non avviene per la capacità di resistenza di un alimento quale il latte al trasporto e ai rischi di alterazione nel corso del tragitto, che non può quindi rilevare ai fini della valutazione dell’esistenza di un eventuale «nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza» né, di conseguenza, al fine di consentire l’imposizione di un’indicazione d’origine o di provenienza per quanto riguarda detto alimento.


Sulla base della decisione della Corte di Giustizia, sarà ora compito del Consiglio di Stato verificare se il Governo francese abbia notificato il decreto applicando pedissequamente l’esame in successione dei requisiti di cui all’articolo 39 del Regolamento UE 1169/2011 e, ove cio’ non si fosse verificato, procedere alla declaratoria di annullamento del decreto.




(3) In alcuni casi, come i decreti italiani sull’origine del grano nella pasta, del riso e del pomodoro lo Stato membro ha omesso interamente la procedura di notifica




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